Al ridotto del mercadante dal 31 gennaio al 10 febbraio Viva la Vida, liberamente tratto da un testo di Pino Cacucci, con una Pamela Villoresi in un’affascinante scatto di energia latina.
La recitazione non molto convincente, c’era bravura, arte, mestiere, ma mancava la crudezzza di una vera anima tormentata. La rappresentazione di un dramma personale passa attraverso molte possibilità. Quella della bravura ne è sicuramente una molto apprezzata, ma poi esiste una regia, una vitalità, un ritmo, un timbro.
Ecco, in Viva la Vida, ci sono scelte giuste e scelte sbagliate e forse troppa perizia scenica, in generale.
Come pensare ad un’opera di cui ti aspetti di vedere più imperfezioni che precisioni, un’opera sulla devastazione personale, sulle oscurità della vita, sulla ingordigia del piacere.
Si aspettava un lavoro con un pò di piccola sciatteria elegante, che lo faccia diventare sensuale per il residuo della deturpazione, della assurdità.
Villoresi ce la fa, certo, ed ha anche un fisico che è scolpito, una perfetta superficie da reinventare, una mobilità flessuosa, una voce aggressiva ed implorante, ma anche sempre troppo elegante.
Non che Frida Kahlo non lo fosse, elegante, era quella la sua seduttività, la magia della sua arte, l’affabulazione del suo intelletto, ma forse lei era anche sgraziata, depressa, infantile, sguaiata.
Ecco cosa fa il testo di Cacucci, ci racconta per bene una storia, ne fa una sintesi e produce una curiosità verso un’epoca, un’ideologia, una corrente di costume che ha regalato una selvaggia libertà ed anche una potente schiavitù.
Oggi siamo qui presenti vittime e carnefici della stessa inebriante ed ottusa presunzione di vincere, di superare i limiti, di avere un’onnipotenza nella storia dell’umanità.
Frida Kahlo e Diego Rivera, piccoli e grandi, in una tempesta di desideri e di intelligenza, eroi di una rivolta culturale, di un sogno, di una bellezza, di un’affrancazione che andava al di là del genere, della razza, della religione, della perfezione.
Insomma eroi di una bellezza senza regole, segnale di generosità oltre i confini di un corpo, anche deforme, anche sgraziato, ma pur sempre magnifico.
vera vita gioia